In un approfondimento pubblicato sul sito Comunicare sul Web, Alessandro Scuratti descrive il fenomeno dell’ad-blocking, la sua diffusione e l’impatto sulle aziende, fornendo loro la soluzione strategica per non imbattere nel rischio.
Come si legge nell’articolo, sempre più utenti, specie da dispositivi mobili, mostrano indifferenza verso la pubblicità online, ossia i cosiddetti banner. Se quest’ultima risulta intrusiva e ininterrotta, l’indifferenza diventa effettivamente critica.
Nel 2016, si legge ad esempio, “sono almeno 408 milioni i possessori di device mobili che hanno deciso di bloccare la pubblicità online per mezzo di uno dei tanti tool che hanno questo specifico compito”.
L’indagine citata dall’autore, intitolata “2016 Mobile Ad-blocking Report”, e che suggeriamo di consultare integralmente qui, racconta anche che “la diffusione dei sistemi per il blocco della pubblicità è cresciuta del 90% negli ultimi dodici mesi. Così, oggi, oltre il 21% degli 1,9 miliardi di possessori di smartphone usa un qualche sistema per il blocco della pubblicità sul proprio device mobile”.
Molto utilizzati attualmente in Asia e un po’ meno in Europa e Nord America, si prevede che questi sistemi di ad-blocking vedranno progressivamente una diffusione crescente a livello globale. Questo non solo perché la pubblicità online è sempre più mal tollerata dagli utenti, ma anche perché i sistemi per bloccarla saranno in prospettiva sempre più semplici da installare e configurare.
La soluzione per le aziende? Si chiama content marketing. Appurato che gli utenti finali tendono sempre più a bloccare la pubblicità online, è fondamentale per chi ad essi si rivolge sviluppare con cura contenuti che siano di reale valore.
Usare i contenuti di valore per attirare utenti (e quindi clienti) è certamente una strategia aziendale vincente, anche perché utilizzandoli, si esce dalla logica della pubblicità tradizionale e, quindi, si elimina alla radice il problema dell’ad-blocking.
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