Quando si sente parlare di startup di solito vengono messe in gioco parole come innovazione, futuro, tecnologia o digitale. Tuttavia andando ad analizzare quella che è la vera realtà del “fenomeno startup”, si scopre che, specialmente in Italia, la situazione è un po’ più complessa.
Come riportato da un articolo del CorrierEconomia, sembrerebbero essere sempre di più i casi in cui giovani realtà innovative si appoggiano e dialogano con realtà locali dalle storie antiche, tradizionali e spesso artigianali.
Tra i casi riportati dal quotidiano, quello di Dis, Design Italian Shoes, è forse il più interessante: la piattaforma, attraverso la quale si possono ordinare e personalizzare online scarpe su misura, ha come ambizioso obiettivo quello di innovare il settore della tradizionale calzatura Made in Italy e per farlo si appoggia a piccoli artigiani locali. Senza danneggiare la tradizione secolare del settore infatti, a realizzare le calzature sono piccoli botteghe disparse per il territorio toscano formate da non più di quattro persone. La strategia è quindi quella di puntare alla valorizzazione del prodotto locale, a kilometro zero e di altissima qualità.
Quello tra tradizione e innovazione sembrerebbe essere un dialogo che porta benefici da entrambe le parti: da un lato le startup riescono a produrre sotto casa riducendo al minimo i costi logistici, dall’altro le piccole imprese locali possono innovarsi attraverso collaborazioni con realtà più orientate ad un nuovo tipo di business.
D’altronde, come afferma Marco Cantamessa, presidente dell’incubatore d’impresa del Politecnico di Torino I3P: “Un Paese deve fare startup non solo per permettere l’emersione di settori nuovi, ma anche per rigenerare quelli esistenti: se siamo già bravi in un settore è più facile crescere. Perché ostinarsi a voler lanciare il nuovo Facebook, invece di guardare al manifatturiero, in cui l’Italia è già luogo d’eccellenza?”
La città apripista in questo processo è proprio Torino: da sempre capitale italiana dell’industria automobilistica e aerospaziale, la sua storia di eccellenza in questi settori permette alle giovani startup di assemblare e produrre tutto ciò di cui hanno bisogno nel raggio di pochissimi chilometri, appoggiandosi alle numerose realtà ben radicate sul territorio: “Distribuiamo almeno il 50% delle nostre spese sul territorio italiano”, afferma César Mendoza, socio fondatore e amministratore delegato di Nito, startup torinese che produce veicoli elettronici per una nuova mobilità urbana.
Sono molte le storie virtuose di giovani realtà locali convinte dell’idea che non possa esistere innovazione senza tradizione e, alla luce di un mercato delle startup che fatica a prendere il volo in Italia, potrebbe essere forse questa la formula vincente in grado di far decollare le giovani imprese del nostro Paese.
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