Dal 1° gennaio 2021 il Regno Unito non è più membro dell’UE. Questo è il risultato di un referendum in cui il 52% degli inglesi ha votato per lasciare l’UE. Oggi ci chiediamo: quali sono le conseguenze della Brexit per chi gestisce un e-commerce e fa affari da e verso il Regno Unito? ShippyPro ci aiuta a orientarci su questo cambiamento che ha molti impatti per i merchant: da ritardi nelle spedizioni, a nuovi tassi e dazi doganali, nonché altre problematiche che la Brexit porta a dover fronteggiare.
Hard Brexit o Soft Brexit: cosa è stato concordato?
Grazie all’accordo di libero scambio arrivato last minute a dicembre 2020, è stato evitato lo scenario peggiore: l’hard Brexit o meglio conosciuta come il no deal, l’uscita del Regno Unito dall’UE senza un accordo. Con questo termine si è descritto lo scenario poco auspicabile in cui il Regno Unito avrebbe interrotto completamente e di punto in bianco le relazioni con l’UE, e quindi anche con l’Italia. Con un no deal gli inglesi avrebbero abbandonato l’Unione doganale europea e il mercato interno dell’UE ritornando a far riferimento per gli accordi all’Organizzazione mondiale del commercio. Ciò avrebbe messo il Regno Unito alla pari di altri paesi non-UE come Russia o Cina. Inoltre, non ci sarebbero stati accordi commerciali o di partenariato.
Accesso privilegiato durante la fase transitoria
Nonostante il Regno Unito abbia rinunciato a tutti i suoi seggi nelle istituzioni UE, nella fase di transizione durata quasi un anno, il Paese d’oltremanica è rimasto strettamente legato all’UE, continuando a avere un accesso “privilegiato” al mercato interno europeo e restando all’interno dell’Unione doganale europea.
Scongiurato il no deal con un accordo last minute
La fase di transizione è terminata il 31 dicembre 2020: l’UE e i leader britannici si sono impegnati con non poche difficoltà nel trovare degli accordi che permettessero al Regno Unito di separarsi con degli accordi siglando un accordo il 24 dicembre 2020. Si è quindi arrivati a una “Soft Brexit”, un’uscita morbida con cui il Regno Unito lascia l’UE ma negozia accordi per rimanere nello Spazio economico europeo (SEE). L’accordo definitivo che prevede pesanti limitazioni allo spostamento di persone, nonché dichiarazioni doganali per le merci. Eppure mancano ancora diversi tasselli come una chiara regolamentazione. Ancora oggi sono molte le aziende britanniche o europea che fanno affari con tra i loro paesi a chiedersi come muoversi nelle vendite e nelle spedizioni.
Per chi volesse scoprire di più sui termini legati sulla questione politica, il Dipartimento per le Politiche europee del Governo italiano ha pubblicato un chiaro glossario sugli aggettivi della Brexit.
Le conseguenze della Brexit per il commercio
Secondo Francesco Borghi, CEO di ShippyPro, ancora il 61% delle aziende inglesi non sarebbe formalmente pronto a lasciare l’UE. Senza dimenticare i 2,31 milioni di cittadini con passaporto europeo attualmente residenti nel Regno Unito. Al momento vige una forte incertezza: c’è la preoccupazione che la Brexit danneggi gli investimenti nazionali ed esteri delle economie europee. Per fare un chiaro esempio: dalò 28 dicembre Amazon ha sospeso il programma europea di logistica per il Regno Unito. Le aziende che vendono tramite il colosso americano dovranno dividere le loro scorte in un magazzino in Regno Unito e uno nell’UE.
Nonostante i cambiamenti vedono entrambe le parte coinvolte, in linea generale la Brexit vedrebbe maggiori svantaggi per le aziende del Regno Unito, le quali vedono notevolmente ristretto il proprio raggio d’azione. Sempre secondo il CEO di ShippyPro è prevedibile aspettarsi ritardi nelle spedizioni da e verso il Regno Unito e l’UE. L’applicazione di ulteriori tasse e dazi aggiuntivi potrebbe spingere i clienti ad acquistare da e-commerce “locali” che sono in grado di offrire un prezzo inferiore. Inoltre, potrebbe esserci anche un calo nel tasso di cambio della sterlina.
Spedire nel Regno Unito: nuovi obblighi amministrativi
In questo nuovo scenario, gli operatori di negozi online e chi in generale opera da e verso il Regno Unito si trova a dover affrontare nuovi obblighi amministrativi e a doverli implementare nei loro processi. ShippyPro, piattaforma per la gestione delle spedizioni, tracking e resi degli ordini, ci aiuta nell’individuare le principali problematiche, nonché a individuare consigli utili.
Documenti doganali per spedire nel Regno Unito
Per spedire nel Regno Unito sono ora necessari i seguenti documenti doganali:
Codice EORI
Dal 1° gennaio 2021, avrai bisogno di un EORI (Economic Operator Registration and Identification) un codice che ti identifica come esportatore per trasferire la merce fuori dall’Unione europea. Poiché il Regno Unito e l’UE si sono ufficialmente separati, devi ora dotarti di un EORI che inizi con GB.
Dichiarazione doganale CN22 e CN23
Per inviare merci dal Regno Unito all’UE è necessario compilare un modulo di dichiarazione doganale: CN22 per colli con un peso fino a 2 kg e un valore fino a 425 € o CN23 per colli con un peso da 2 a 20 kg con un valore pari o superiore a 425 €. Puoi trovare un esempio dei due moduli sulla pagina “Spedire all’estero – Documentazione doganale” di Poste Italiane.
Servizi DAP e DDP
Tra gli undici Incoterms che regolano il commercio internazionale, due sono particolarmente interessanti per l’e-commerce: DAP (Delivered at Place, reso al luogo di destinazione) e DDP (Delivered Duty Paid, reso sdoganato).
La scelta di uno o dell’altro servizio dipende dal tipo di attività. Con DAP, è l’importatore il responsabile del pagamento dei dazi. Con DDP è invece l’esportatore a pagarli prima di consegnare il prodotto. La maggior parte delle aziende e–commerce B2C dovrebbe utilizzare il servizio DDP in modo da soddisfare le aspettative dei clienti. Il DAP potrebbe rivelarsi la strategia giusta per le società e–commerce B2B o per quelle che consegnano grandi quantità di merci a un rivenditore.
Cosa cambia per l’IVA con la Brexit?
Anche per ciò che riguarda l’IVA ci sono dei sostanziali cambiamenti. Se il tuo business ha sede in Italia o in un altro Paese dell’UE, non dovrai applicare l’IVA sugli ordini inferiori a 135 £, pari a circa 147 €. Per gli ordini superiori a 135 £, invece, dovrai calcolare dazi e IVA all’importazione.
I merchant britannici dovranno registrare l’IVA in ciascun paese in cui vendono. Non esiste più un minimo. Chi vende dal Regno Unito dovrà registrare l’IVA in ogni paese già a partire dal primo ordine. Attenzione, inoltre, alle specifiche dei singoli paesi dell’UE che potrebbero richiedere un rappresentante fiscale locale. Potresti valutare di abolire l’IVA da alcuni paesi nei quali non prevedi grandi vendite, al fine di semplificare le tue registrazioni dell’IVA.
Per quanto riguarda invece i venditori dell’UE che prevedono di spedire ordini inferiori a 135 £ nel Regno Unito, ogni tre mesi devono dichiarare e versare l’IVA presso l’HMRC (Her Majesty’s Revenue and Customs, letteralmente Entrate e dogane di Sua Maestà). Se spedisci nel Regno Unito dovrai riscuotere l’IVA sugli ordini inferiori a 135 £. Se utilizzi un marketplace come Amazon o eBay questo compito spetta alle piattaforme.
Punto dolente: la gestione dei resi
I nuovi obblighi amministrativi oltre a introdurre nuove documentazioni e spese porta con sé un punto dolente nel mondo dell’e-commerce. Le varie modifiche potrebbero cause ritardi nelle spedizioni e quindi nei resi, causando un’insoddisfazione nei clienti. Sarà necessario dunque prevedere tempi più lunghi e avvisare i clienti dei possibili ritardi.
Brexit e logistica: meglio farsi trovare preparati
In questo scenario in cambiamento, chi fa affari nel o con il Regno Unito farebbe bene a non farsi trovare impreparato e informarsi su come la Brexit impatta la logistica. La commissione europea ha pubblicato un vademecum con varie misure per prepararsi al cambiamento. Il 9 luglio 2020 è stato pubblicato una comunicazione dal titolo “Prepararsi alla svolta” con una panoramica dettagliata dei principali settori in cui avverranno dei cambiamenti e le misure che cittadini e aziende dovrebbero adottare. Sono inoltre disponibili e in aggiornamento oltre 100 avvisi per i singoli settori, con informazioni dettagliate.